Pro Loco Pievebovigliana
Museo archeologico Valerio Cianfarani
Nella sezione archeologica sono state raccolte numerose opere e reperti tra cui vasellame e ceramiche rinvenuti durante alcuni scavi e risalenti addirittura all’età del ferro. Sistemati secondo un percorso logico ed espositivo, aiutano il turista a ripercorrere lo sviluppo storico, sociale ed artistico di questo territorio dalla preistoria fino ad arrivare all’età medievale.
In seguito agli eventi sismici del 2016 la sede del Museo è stata danneggiata, per cui attualmente tali opere non sono esposte.
Resti fornaci
La maggior parte di queste fornaci, nel corso del XIX secolo, si colloca intorno alle pendici del Monte di San Savino (nelle località di Isola, Fiano, Valdelati), grazie alla presenza di particolari sedimenti di argilla e all’abbondanza di legname, indispensabile per il funzionamento della fornace. In tutti i casi, i ruderi evidenziano la struttura del catino, l’enorme stanza, circondata da spessi muri, utilizzata per la cottura dei laterizi. Il merito dell’aver riscoperto tale attività, sia dal punto di vista archeologico, sia sotto il profilo storico, spetta allo studioso locale Salvatore Pianesi. L’amministrazione comunale, con l’aiuto della Fondazione Carima e della Regione Marche-Servizio Cultura, ha intrapreso il recupero della fornace Lucarelli ad Isola, il cui nucleo originario risale al XVIII secolo. Questa fornace rappresenta un’eccellenza del territorio di Pievebovilgiana ed è un manufatto unico nel suo genere nella Regione Marche.
Gualchiera e tintoria Cianni
Nella gualchiera-tintoria Cianni, posta ai piedi del centro storico di Pievebovigliana, dal medioevo fino ai primi anni del Novecento si svolgeva l’ultima fase del processo produttivo dei panni. È un opificio nel quale l’energia idraulica era utilizzata per azionare dei magli che battevano sui panni di lana per compattarli. La peculiarità di questo sito è di avere, al suo interno, anche una tintoria. Fin dal ‘700, infatti, i panni di lana, soprattutto quelli di canapa, si coloravano con tinte naturali.
Gli scavi di archeologia industriale, finanziati anche dalla Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata con 30mila euro, hanno qui consentito di riportare alla luce una realtà storicamente importante. La gualchiera-tintoria Cianni è unica nel suo genere nell’Italia centrale e non solo. Sono stati recuperati gli ambienti dove si svolgevano le attività lavorative, i canali di adduzione delle acque e i canali di scolo, in parte interrati grazie a dei cunicoli con volta a pietra di rara bellezza, che costituiscono un’altra particolarità del sito. È stato definito l’intero sistema idraulico, sofisticato per l’epoca. Appaiono evidenti stratificazioni che dal ‘700 arrivano fino ai primi anni del XX secolo e sono emerse le vasche utilizzate per la tintura dei tessuti; sono stati individuati i camini dove si bruciava la legna per ottenere la cenere, a sua volta utilizzata per ottenere dei panni lindi e bianchi; è stato recuperato il punto esatto dove funzionava la ruota idraulica che muoveva il maglio.
Nella seconda metà del XIX secolo, la gualchiera-tintoria Cianni è considerata tra le più importanti delle Marche, nella quale si inizia a sperimentare anche l’uso di coloranti chimici che provengono da Ancona.
Il Convento di San Francesco si trova pochi chilometri fuori dal paese di Pievebovigliana, in frazione Pontelatrave, sulla strada che da Tolentino conduce a Foligno.
Secondo la leggenda, pare sia stato fondato intorno al 1215 da San Francesco che, in uno dei suoi tanti viaggi nelle Marche, avrebbe trovato riparo per pregare e riposarsi proprio in questo luogo.
La chiesa nei secoli subì alcune modifiche ed ampliamenti e quella che è possibile ammirare oggi risale al XIV secolo, mentre l’adiacente convento è stato costruito nel corso del Settecento.
L’interno presenta navate a capriate, bifore, absidi ed un arco trionfale gotico. Nell’abside e nelle pareti laterali sono conservati alcuni affreschi attribuiti a Cola di Pietro. Un altro affresco invece raffigurante la Madonna della Misericordia è attribuito a Girolamo di Giovanni.
E’ possibile ammirare una copia ottocentesca di un Crocifisso trecentesco simile a quello di San Damiano di Assisi. L’originale, che la tradizione vuole sia stato donato dallo stesso San Francesco al convento, andò distrutto durante un incendio nel 1892.
Sotto al portico sono ancora ben visibili tracce di affreschi del XIII e XV secolo raffiguranti episodi della vita di San Francesco.
All’esterno si trova anche un pozzo presso il quale, secondo la tradizione, San Francesco trasformò l’acqua in vino per dissetare gli operai che erano impegnati nella costruzione dell’edificio.
In seguito agli eventi sismici del 2016 tutto il complesso ha riportato gravi danni, risultando inagibile.Chiesa di Santa Maria Maddalena
La Chiesa di Santa Maria Maddalena sorge a 1.112 mt. di altitudine, su di un valico posto tra le pendici del Monte Fiegni ed in prossimità del Poggio della Pagnotta.
La piccola chiesa in stile romanico è stata edificata nella seconda metà del 1300, in pietra, e sorge nel punto di confine tra i comuni di Valfornace, Cessapalombo, Fiastra e Caldarola.
Al suo interno sono visibili frammenti pittorici di affreschi raffiguranti il Crocifisso, la Maddalena ed alcuni volti di angeli, attribuiti a Cola di Pietro.
Museo civico “Raffaele Campelli”
Il Museo Civico di Pievebovigliana, fondato nel 1936 da Monsignor Raffaele Campelli comprende, oltre alla Sezione archeologica Valerio Cianfarani, altre significative Sezioni. Nella Raccolta Raffaele Campelli sono conservate opere di Cola di Pietro ('Crocifissione'), di anonimo umbro ('Madonna di Costantinopoli" del XVI secolo), di Venanzo da Camerino ('Angeli musicanti" databili intorno al 1530), di Simone De Magistris ( "Madonna di Loreto e santi') e alcune sculture della fine del XV secolo ('S. Sebastiano", in legno intagliato, di uno scultore anonimo marchigiano, una testa della Vergine in terracotta policroma, di provenienza abruzzese e una testa del Redentore in terracotta). La collezione nel 2002 è stata esposta nella mostra "Il Quattrocento a Camerino. Luce e prospettiva nel cuore della Marca". Grazie ad un accordo tra il Comune di Pievebovigliana e la Curia Arcivescovile di Camerino e con il contributo finanziaro di importanti imprenditori marchigiani, tra il 2008 e il 2009 sono state restaurate diverse tele, provenienti da alcune chiese del territorio di Fiordimonte, danneggiate dal terremoto del 1997. In seguito agli eventi sismici del 2016 la sede del Museo è stata danneggiata, per cui attualmente tali opere non sono esposte.
Ponte romanico di Pontelatrave
II ponte romanico, che risale al XIV secolo, sorge su fondamenta romane del I secolo d.C. È collocato in un punto nodale della rete viaria, collegando il versante adriatico a quello tirrenico. Soprattutto durante il medioevo e nell’età moderna, Pontelatrave (Pons de trabe Bonantis) è sede di una delle più importanti stazioni di posta della via Lauretana.
II ponte costituiva il principale punto d’accesso a Pievebovigliana e alla sua valle, collocato tra il castello di Beldiletto e il convento di San Francesco. Numerose testimonianze storiche documentano, per tutto il corso dell’età moderna, l’importanza di questo ponte e la sua rilevante posizione strategica per gli scambi e i movimenti di merci e persone. A Pontelatrave, infatti, confluivano tutti i tracciati che, attraverso la dorsale appenninica giungevano dall’Italia meridionale, attraverso Norcia e Visso, per proseguire in direzione di Camerino e delle regioni settentrionali. Nel Settecento, sempre da Pontelatrave e Campi iniziava la carrozzabile, cioè una delle poche strade calessabili del territorio, progettata dal nobile romano, monsignore Angelo Altieri, per collegare Norcia alla Via Lauretana, attraverso la valle di Tazza e i centri di Fematre e Preci.
Nel 1831 il priore di Pievebovigliana ricorda come questo centro abitato sia polo d’attrazione delle piccole comunità vicine, ma anche “paese da transito alle vicine Provincie, ed è il deposito di tutte le merci, che si spediscono a Visso, Norcia, Cascia, ed anche negli Abruzzi, le quali condotte coi trasporti a ruote dalla Marina in questo luogo, poste a magazzeno vengono a schiena condotte fino negli Abruzzi, e viceversa“.
Chiesa di San Giovanni dell’Isola
La Chiesa di San Giovanni si erge in frazione Isola, a circa 3 km dal centro abitato di Pievebovigliana. Sia la chiesa che l'annessa canonica risalgono al Medioevo. All'esterno, sulla facciata laterale, si apre un portico del XIV secolo, con piccole colonne ottagonali in cotto. Nelle mattonelle poste negli angoli è impresso il simbolo di San Bernardino.
In seguito agli eventi sismici del 2016, la Chiesa è inagibile, quindi non visitabile, però è possibile arrivare nello spazio antistante per poterla osservare dall’esterno.
Chiesa di Santa Maria Assunta e cripta romanica (XI sec.)
La Chiesa di Santa Maria Assunta, edificata nell’XI secolo in stile romanico, si erge nella parte alta del piccolo borgo di Pievebovigliana.
La chiesa subì un forte rimaneggiamento nel 1800 quando la facciata venne completamente nascosta dalla canonica.
Al suo interno racchiude la cripta romanica risalente al XII secolo composta da tre absidi e suddivisa in cinque piccole navate da quattro ordini di colonne con capitelli di diverse forme che sorreggono la volta a crociera.
Nella chiesa sono custodite tele di Luigi Valeri (Madonna di Costantinopoli), Girolamo e Antonio Aspri, tutte databili tra il XVIII ed il XIX e sono conservate due lapidi del II sec. d.C. Nell’abside centrale invece degno di essere ammirato è un affresco del XV secolo raffigurante Santa Lucia ed attribuito ad Arcangelo di Cola.
Le colonne dell’altare sono di chiara origine romana, essendo costruite in piperina, pietra esclusiva del Lazio. I numerosi reperti archeologici qui ritrovati rafforzano sempre più l’ipotesi di un preesistente tempio pagano e di monumenti funebri romani.
In seguito agli eventi sismici del 2016, la Chiesa è inagibile, quindi non visitabile.
Chiesa di San Giusto a San Maroto (XI° sec.)
La Chiesa, a pianta circolare, sorge nella frazione di San Maroto. Venne fondata tra l’XI ed il XII secolo ed è considerata uno tra i più importanti monumenti romanici della regione.
La sua particolare architettura a pianta circolare, di chiara derivazione romano-bizantina, fu oggetto di studi a livello internazionale e si è supposto che per la sua realizzazione siano venute maestranze dall’oriente ed in particolare dalla Siria.
Al suo interno sono conservati affreschi e tavole databili tra il XIV ed il XV secolo ed una Croce astile della prima metà del Cinquecento realizzata dall’orafo Tobia da Camerino. Tra le altre opere degne di nota si cita una tavola raffigurante la Madonna del Rosario attribuita a Venanzo da Camerino ed una Madonna in trono con Bambino della seconda metà del XIII secolo.
La torre campanaria, costruita successivamente insieme alla sacrestia, conserva affreschi risalenti alla fine del Trecento.
In seguito agli eventi sismici del 2016 ha riportato danni, ma sono stati già eseguiti i lavori di ripristino e la Chiesa è nuovamente visitabile.
Castello di Beldiletto (XIV° sec.)
Il Castello di Beldiletto si trova in località Pontelatrave ed è stato eretto nel 1371 dalla famiglia Da Varano, una nobile famiglia di Camerino, come loro residenza estiva.
L’appellativo di “Beldiletto” risale al primo Rinascimento quando era abitudine attribuire nomi evocativi ai luoghi dove i Signori amavano trascorrere ore piacevoli.
La sua struttura, originariamente circondata da un largo e profondo fossato, è quadrangolare, con torri in tutti gli angoli. All’interno si apre un loggiato sostenuto da pilastri ottagonali ed archi ogivali in pietra bianca e rossa.
Sia alcuni ambienti del pian terreno, sia le principali sale del piano superiore erano dipinte.
Numerosi sono stati i personaggi illustri che hanno dimorato all’interno del castello, come ad esempio nel 1382 Luigi I d’Angiò e Amedeo VI di Savoia di passaggio su queste terre e diretti alla volta di Napoli.
Anche il Papa Giulio II nel 1510 vi soggiornò per un breve periodo con tutto il suo seguito composto da sette cardinali e 200 uomini a cavallo.
Nel 1419 il castello venne conquistato da Carlo Malatesta, signore di Rimini, in lotta con i Da Varano ed al suo interno vi tenne prigioniera Costanza Smeducci, seconda moglie di Rodolfo III. L’anno seguente il condottiero Bracco da Montone riuscì a riconquistare il castello restituendolo ai Da Varano.
Nel 1464 Giulio Cesare Varano lo trasformò in villa fortificata e lo arricchì con decorazioni e dipinti come era uso fare nelle ville dell’epoca. Alle pareti della sala grande volle realizzare un vasto ciclo di affreschi raffigurante di 60 personaggi a cavallo a grandezza naturale che ancora oggi è possibile ammirare, seppur il grave stato di degrado ed abbandono. tra essi sono riconoscibili Roberto il Guiscardo, suo figlio Ruggero, re di Napoli e Tancredi d’Altavilla.
Nel 1520 il castello passò a Sigismondo Da Varano ed alla sua morte, avvenuta nel 1522, passò al figlio Egidio. Venne in seguito distrutto nel 1528 dalle truppe della duchessa Caterina Cibo, impegnata nelle lotte dinastiche per il controllo della signoria dei Da Varano.
Dopo tale data il castello passò ad altre nobili famiglie fino ad arrivare alla Paparelli di Muccia che l’ho tenuto fino al 1993 utilizzandolo come casa colonica, fienile e magazzino dell’azienda agricola.
A causa del violento sisma del settembre del 1997 il castello subì parecchi danni e lesioni un po’ a tutta la struttura per cui si è richiesta l’approvazione di un progetto di ripristino e ricostruzione delle parti lesionate. Nel 2002, a seguito di questi restauri, sono stati scoperti in alcune sale, nuovi cicli di pitture e nuove decorazioni.
Nel mese di marzo dell’anno 2000 il Tribunale di Camerino dispose la vendita del castello ed il 9 febbraio del 2001 una società romana si aggiudicò l’asta. Dal 2012 il castello ed i terreni circostanti sono passati ad altro proprietario.
Visibile solo esternamente.